IL TRIBUNALE 
 
    Nella  persona  del  Presidente,  dott.  Giuseppe   Spadaro,   ha
pronunciato la seguente ordinanza nella  causa  promossa  da  F.  G.,
(ricorrente), rappresentata e difesa dall'Avvocato Tiziana D'Agosto; 
    Contro  M.  A.  (Resistente)  avente  ad   oggetto:   separazione
giudiziale. 
 
                            I n F a t t o 
 
    Con ricorso depositato in data 12 ottobre 2007, la sig.ra G.  F.,
assistita e rappresentata  dal  proprio  difensore  di  fiducia  avv.
Tiziana D'Agosto, ha chiesto al Presidente del Tribunale  di  Lamezia
Terme, previa fissazione dell'udienza  di  comparizione  dei  coniugi
innanzi a se' ai fini del tentativo di conciliazione, di  pronunciare
la separazione personale  della  stessa  dal  marito  A.  M.,  previa
emissione dei provvedimenti presidenziali di competenza. 
    Con decreto del 19 ottobre 2007, il Presidente ha fissato per  la
comparizione personale dei coniugi davanti a  se'  l'udienza  del  19
dicembre 2007, udienza ritualmente tenutasi previo espletamento degli
incombenti di rito. 
    All'udienza del 19  dicembre  2007,  la  ricorrente  e'  comparsa
personalmente  con  l'assistenza  e  la  rappresentanza  del  proprio
difensore, l'avv. Tiziana D'Agosto. 
    Alla medesima udienza si e' presentato anche il signor  A.  M.  -
non costituito nelle more - e, tuttavia, senza l'assistenza  e  senza
la rappresentanza  di  alcun  difensore.  Richiesto  sul  punto,  dal
Presidente, il ricorrente ha dichiarato  di  non  volersi  valere  di
alcuna assistenza legale. Dinnanzi a siffatta  dichiarazione,  l'avv.
D'Agosto ha eccepito che lo stesso «dovrebbe  essere  considerato  ai
fini della procedura come non comparso, salvo valutare a questo punto
la compatibilita' della norma con la Costituzione». 
    Il  Presidente,  ritenuto  di'  non  potere  procedere  ai  sensi
dell'art. 708 c.p.c., valutate le  osservazioni  della  difesa  della
ricorrente, ritiene di  dovere  rimettere  gli  atti  alla  Consulta,
ritenuta rilevante e non manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 707, comma  I,  c.p.c.  -  come
sostituito dall'art. 2, comma 3, lett. e-ter), d.l. 14 marzo 2005, n.
35, convertito in legge, con modificazioni, con l. 14 maggio 2005, n.
80, a decorrere dal 1° marzo 2006, ai sensi di  quanto  previsto  dal
comma 3-quinquies del suddetto art. 2 - aggiunto dall'art. 8, d.l. 30
giugno 2005, n. 115, convertito in legge, con modificazioni,  con  l.
17 agosto 2005, n. 168, sostituito dal comma 6  dell'art.  1,  l.  28
dicembre 2005, n. 263  e  modificato  dall'art.  39-quater,  d.l.  30
dicembre 2005, n. 273, convertito in legge, con modificazioni, con l.
23 febbraio 2006, n. 51 - nella parte in cui prevede che  «i  coniugi
debbano   comparire   personalmente   davanti   al   Presidente   con
l'assistenza del difensore», per violazione degli artt. 3, 24, 29-31,
e 111, Cost. 
    In punto di rilevanza e non manifesta infondatezza 
 
                            O s s e r v a 
 
quanto segue, 
    1. - In punto di  rilevanza,  la  questione  e'  da  considerarsi
senz'altro  rilevante  ai  fini  della  decisione  costituendone   il
presupposto. Ed, infatti, laddove il resistente si considerasse,  per
difetto di assistenza, non comparso, il giudice dovrebbe procedere ai
sensi dell'art. 707, terzo comma, con una singolarita' per il caso di
specie: la parte non assistita ha  espressamente  dichiarato  di  non
volere alcuna assistenza tecnica cosicche', anche rinviando l'udienza
fissando nuovo giorno per la comparizione, questa si  ripresenterebbe
senza un legale di fiducia ed il presidente dovrebbe, in  ogni  caso,
procedere all'adozione dei provvedimenti di cui all'art.  708,  terzo
comma,  c.p.c.  senza  poter  ascoltare   il   convenuto   e   senza,
soprattutto, poter esperire il tentativo  di  conciliazione  previsto
dalla legge. 
    Laddove, invece, la necessaria  assistenza  fosse  rimossa  dalla
disposizione,  allora,  il  Presidente  potrebbe,  comunque,  pur  in
assenza  dell'assistenza,  ascoltare  colui  che  ne  e'  sfornito  e
reputarlo, ai fini del procedimento, comparso  e  presente  anche  in
vista del tentativo di conciliazione. 
    In  sintesi,  pertanto,  la   rilevanza   discende   direttamente
dall'incidenza  della  necessaria  assistenza  tecnica   nella   fase
presidenziale di  separazione  giudiziale  (artt.  707,  708  c.p.c.)
cosicche' il giudizio  non  puo'  essere  definito  indipendentemente
dalla risoluzione  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
(art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87). 
    2. - Quanto all'oggetto della questione, trattasi dell'art.  707,
primo comma, c.p.c. e, conseguentemente, della disposizione normativa
che lo ha novellato rispetto al testo previgente,  ovvero  l'art.  2,
comma 3, lett. e-ter), decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito
in legge, con modificazioni, con legge 14 maggio 2005, n.  80,  oltre
che dell'art. 708, primo comma, c.p.c. Il contenuto precettivo  della
disposizione in esame  (art.  707,  primo  comma,  c.p.c.:  rubricato
«Comparizione personale delle parti») e' alquanto chiaro: «i  coniugi
debbono   comparire   personalmente   davanti   al   Presidente   con
l'assistenza del difensore». 
    Il principio del gradualismo, in materia di interpretazione della
legge, impone all'odierno giudicante di dovere muovere, nell'indagine
ermeneutica, dal dato letterale della disposizione al  fine  di  fame
emergere lo spirito; ed, invero, nel caso di specie la lettera  della
legge  e'  univoca,  se  non  altro  alla  luce  anche   dei   lavori
parlamentari che l'hanno assistita: e' prevista  (rectius:  e'  stata
voluta),  in  materia   di   separazione   giudiziale,   nella   fase
presidenziale, «l'assistenza necessaria»  (combinato  disposto  degli
artt. 707, primo comma  e 708, primo comma, c.p.c.). 
    Osservano i piu'  autorevoli  commentatori,  che  «avere  sancito
espressamente la necessita' della presenza dei difensori a fianco dei
coniugi, fin  dall'udienza  presidenziale,  rappresenta  una  novita'
importante che supera i dubbi sorti al riguardo sotto l'imperio della
disciplina previgente, allorche', nel silenzio della norma, la  netta
maggioranza degli autori sosteneva - a differenza di  quanto  prevede
oggi la norma novellata - che entrambe  le  parti  avessero  solo  la
facolta', ma non l'obbligo, di farsi assistere dai difensori  durante
l'intero svolgimento dell'udienza presidenziale». 
    In altre parole: il coniuge convenuto - costituito o meno che sia
- «deve sempre comparire davanti al Presidente con l'assistenza di un
difensore». Cio' comporta,  secondo  la  migliore  dottrina,  che  il
coniuge convenuto presente all'udienza, ma senza essere assistito  da
un difensore (salvo gravi e comprovati motivi), e' da considerare non
comparso, con la conseguente applicazione della  disciplina  prevista
dall'ultimo comma dell'art. 707 c.p.c.». 
    2.1. - Sempre in punto di  ammissibilita'  della  questione,  una
interpretazione adeguatrice risulta infruttuosa. Occorre  premettere,
che se quella sin qui illustrata e'  l'interpretazione  che  discende
dalla fedelta' alla lettera della disposizione, non ignora  l'odierno
giudicante  che  altri  commentatori  hanno   pur   sposato   letture
ermeneutiche differenti, seppur - per la maggiore -volte  a  ritenere
che la comparizione della parte senza l'assistenza del difensore  non
assuma giuridico rilievo, se non con riferimento ai provvedimenti che
riguardano i figli (ma  anche  in  tal  caso,  la  questione  sarebbe
rilevante poiche' i coniugi hanno avuto due figli: A.  ed  I.  e  con
riguardo agli stessi debbono essere assunti i provvedimenti del caso. 
    Profilandosi  la possibilita' di interpretazioni  differenti,  il
giudice a  quo  e'  onerato  di  sperimentare  la  cd.  interpretatio
secundum constitutionem (Corte costituzionale, ordinanza 10  febbraio
2006 n. 57), sussistendo in  capo  al  rimettente  la  necessita'  di
motivare  sull'impossibilita'  di  interpretare  la  norma  in  senso
conforme alla Costituzione (cfr. Corte cost., 19 ottobre 2001, n. 336
in Giur. Costit., 2001, f. 5; Corte cost. Ord., 21 novembre 1997,  n.
361 in Giur. Costit., 1997,  fasc.  6).  Tra  i  diversi  significati
giuridici astrattamente possibili, cioe', il Giudice deve selezionare
quello  che  sia  conforme  alla   Costituzione;   il   sospetto   di
illegittimita' costituzionale, infatti, e' legittimo solo allorquando
nessuno  dei  significati,  che  e'   possibile   estrapolare   dalla
disposizione   normativa,    si    sottragga    alle    censure    di
incostituzionalita' (Corte cost., 12  marzo  1999,  n.  65  in  Cons.
Stato, 1999, II, 366). 
    E, tuttavia, se e' vero che in linea di principio,  le  leggi  si
dichiarano   incostituzionali   perche'    e'    impossibile    darne
interpretazioni secundum Constitutionem e non in quanto sia possibile
darne interpretazioni incostituzionali, e' anche vero che  esiste  un
preciso limite all'esperimento del tentativo salvifico della norma  a
livello ermeneutico: il giudice non  puo'  «piegare  la  disposizione
fino a spezzarne il legame con il dato letterale». Ed, in tal  senso,
di fatto, vi sarebbe il rischio - dinnanzi  ad  una  redazione  cosi'
chiara della norma -  di  invadere  una  competenza  che  al  Giudice
odierno  non  compete,   se   non   altro   perche'   altri   Organi,
nell'impalcatura costituzionale (come  l'adita  Corte  delle  leggi),
sono deputati ad espletare talune  funzioni  ad  essi  esclusivamente
riservate. Ma vi e' di piu': l'interpretatio secundum  constitutionem
presuppone,  indefettibilmente,  che  l'interpretazione  «altra»  sia
«possibile», cioe', praticabile:  differentemente,  si  creerebbe  un
vulnus alla certezza del  diritto  poiche'  anche  dinnanzi  a  norme
«chiare»  ogni  giudicante  adito   potrebbe   offrire   uno   spunto
interpretativo diverso. 
    Ma vi e' di piu': la  novella  del  2005  ha  «invertendo  rotta»
esattamente rovesciato il regime giuridico in parola che, prima delle
modifiche intercorse, prevedeva - in contrapposizione a  quanto  oggi
previsto - che le parti non potessero  farsi  assistere  dal  proprio
difensore nella fase previdenziale (divieto, poi, limitato alla  sola
prima  fase  dell'udienza  presidenziale,  Corte  cost.  sentenza  n.
151/1971). Cio' rilevato, il  giudice,  interpretando  la  norma  nel
senso  che  non  prevede  la  necessaria  assistenza  del  difensore,
tradirebbe palesemente l'intentio legis che sorregge  il  nuovo  art.
707, primo comma, c.p.c. con  una  surrettizia  forma  di  intervento
normativo correttivo. 
    Svolte le considerazioni riportate, reputa  l'odierno  Giudicante
che il dato  normativo  non  si  possa  prestare  ad  interpretazioni
diverse  da  quella  emergente  dalla   mera   lettura   del   testo:
l'assistenza del coniuge, ex art. 707 c.p.c. e' necessaria («debbono»
comparire...  con  l'assistenza  del  difensore).  Rimane,   pertanto
infruttuoso il doveroso tentativo  da  partedell'odierno  Giudice  di
individuare un'interpretazione compatibile con la Costituzione (Corte
cost. ord. n. 427/2005; ord. n. 306 del 2005). 
    3. - Cosi introdotta,  nel  rito,  la  questione  sollevata,  nel
merito sono diversi i  profili  sotto  i  quali  la  disposizione  e'
sospettata di incostituzionalita'. In primo luogo essa sembra violare
l'art. 24 della Charta Chartorum e l'interesse primario  alla  tutela
del matrimonio e della famiglia di cui agli artt. 29 - 31  Cost  (ma,
anche, le disposizioni ex artt. 3 e 111 Cost). 
    Prima  della  riforma,  il  primo  comma  dell'art.  707   c.p.c.
prescriveva: «i coniugi debbono comparire  personalmente  davanti  al
difensore». L'articolo aderiva ad  un'ottica  esattamente  opposta  a
quella odierna, poiche' - in combinato disposto con l'art. 708, primo
comma,  c.p.c.  -  prevedeva  che  i  coniugi   dovessero   comparire
personalmente davanti al Presidente senza l'assistenza di  difensore.
La Corte delle leggi, con la sentenza n. 151 del 1971, aveva,  pero',
dichiarato l'illegittimita' costituzionale delle norme ora impugnate,
nella parte in cui  ai  coniuge  comparsi  personalmente  davanti  al
Presidente del tribunale, e in caso  di  mancata  conciliazione,  era
inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori. La  conseguenza
era che il divieto fosse venuto meno senza, pero',  che  l'assistenza
fosse stata resa obbligatoria (Cass., 18 aprile 1974,  n.  1050).  La
Consulta,  con  indirizzo  poi  costantemente  ribadito,  ha  tenuto,
quindi, a distinguere che l'udienza presidenziale si puo' suddividere
in due fasi: la prima, in cui il Presidente tenta  la  conciliazione;
la seconda, successiva al fallimento del tentativo di  conciliazione.
Orbene, il «diritto» di farsi  assistere  dal  difensore  durante  lo
svolgimento dell'udienza presidenziale nel  giudizio  di  separazione
sorge per le parti in questa seconda fase, poiche' solo a quel  punto
«diventa  attuale  il  contrasto,  concreto  o  potenziale,   tra   i
contendenti  sulla  base  delle  domande  avanzate  con  il   ricorso
introduttivo o delle pretese direttamente prospettate  al  Presidente
del tribunale»; per converso, nella prima fase,  «il  legislatore  ha
voluto tutelare in modo preminente l'interesse, di  natura  pubblica,
alla pacifica continuazione della convivenza tra i coniugi,  evitando
il giudizio come strumento per risolvere i conflitti  coniugali»;  ed
al conseguimento di questi fini - osserva la citata sentenza  n.  201
del 1971 - «mirano i coniugi (personalmente)  ed  il  Presidente  del
tribunale che non potra' non far valere il  prestigio  derivante  gli
dalla sua  funzione».  Siffatti  condivisibili  principi  condussero,
nella sentenza n. 201/1971, a  ritenere  legittimo,  giustificato  ed
opportuno il «divieto di assistenza del difensore» nella  prima  fase
presidenziale ovvero quella del tentativo di conciliazione. 
    Orbene, quid juris se adesso il legislatore, proprio  per  quella
fase, ha addirittura previsto che  l'assistenza  sia  necessaria?  La
riforma, di fatto, ha rimosso l'exceptio in deroga all'art. 82 c.p.c.
rendendo l'assistenza «obbligatoria». E' indubbio che proprio a  quel
principio annunciato e  difeso  nella  giurisprudenza  costituzionale
richiamata, venga creato un vulnus. 
    Ed,  infatti,  secondo  l'insegnamento   della   Consulta,   «per
l'attuazione  degli  stessi  interessi  [pacifica  convivenza  tra  i
coniugi], nulla vieta che il presidente  del  tribunale  possa  anche
esplorare - sia in  presenza  che  in  assenza  dei  difensori  -  la
potenziale praticabilita' di una soluzione non contenziosa  di  detti
conflitti, e cio' nello svolgimento di  quelle  funzioni  lato  sensu
conciliative che gli impongono di attivarsi per ridurre al  minimo  i
traumi per i coniugi e per i figli;  fermo  restando  che  la  difesa
tecnico-professionale possa intervenire al  momento  di  stabilire  e
formalizzare le condizioni dell'eventuale accordo». 
    L'art. 707, primo comma, c.p.c., pertanto,  laddove  preclude  la
fase presidenziale, in toto,  al  coniuge  resistente  sprovvisto  di
assistenza, strappa il tessuto connettivo delle disposizioni in esame
creando un vulnus alla tutela apprestata alla famiglia ed al rapporto
di coniugio dagli artt. 29-31, Cost. e,  peraltro,  violando,  anche,
l'art. 24, Cost. 
    Ed, infatti, per'effetto della disposizione,  il  resistente  che
non voglia avvalersi dell'assistenza non puo' neanche  accedere  alla
fase del tentativo di conciliazione, laddove, invero, il  divieto  di
assistenza del difensore era stato addirittura difeso dalla Consulta.
Ovvie le ripercussioni sul principio del giusto processo  (art.  111,
Cost.) che viene ad essere, in ogni caso, compromesso  in  uno  degli
ambiti piu' delicati e sensibili. 
    La disposizione, infine, si palese irragionevole  con  violazione
dell'art. 3,  Cost.  poiche'  non  si  giustifica  sotto  un  profilo
razionale: ed, infatti, nella prima fase dell'udienza  presidenziale,
l'assistenza obbligatoria sostituisce il divieto  di  assistenza  pur
essendo rimasta inalterata la ratio cosicche',  come  pure  e'  stato
scritto,  cio'  che  prima  il   divieto   tutelava   ora   l'obbligo
pregiudica». 
    4. - Per quanto sin qui osservato, e' auspicabile  un  intervento
della Corte adita che rimuova la doverosita' dell'assistenza tecnica,
con intervento manipolativo (ad  es.  «i  coniugi  debbono  comparire
personalmente davanti al Presidente, se vogliono con l'assistenza del
difensore»)  ovvero  mediante  interpretativa  di  accoglimento,  per
l'ipotesi in cui il convenuto si presenti all'udienza presidenziale e
dichiari di non volersi valere dell'assistenza del difensore.